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DEPRESSIONE POST PARTUM… ESISTE DAVVERO?

Quando ho frequentato il master in Psicologia perinatale, alcuni anni fa, ho avuto la fortuna di incontrare la dott.ssa Giuliana Mieli. La sua visione della depressione post partum mi ha aperto gli occhi su un modo diverso di considerare questo disturbo. Nella mia esperienza di psicologa e donna, oltre che di mamma, avevo incontrato alcuni aspetti di cui ci ha parlato, e grazie ai suoi insegnamenti ho potuto anche fare un passo in più e comprendere altri aspetti meno ovvii.

La regressione della gravidanza

Partiamo dalla gravidanza. La donna in gravidanza è al massimo della sua potenza ma anche della sua fragilità. Come mai? La potenza creatrice è facile da comprendere, le donne hanno questo potere incredibile che le rende speciali… ma perché parliamo di fragilità?

La Natura, per favorire la simbiosi tra madre e neonato, inizia già ad operare durante la gravidanza, portando la donna ad una regressione, cioè ad un ritorno allo stato infantile, per facilitare la comunicazione tra i due membri della diade madre-bambino. La mamma “regredita” potrà capire meglio il suo piccolo, che non ha a disposizione le parole per farsi comprendere.

A causa di questa regressione, la donna viene esposta all’emergere di ricordi e vissuti infantili, spesso mai elaborati. Torna ad essere un po’ bambina, ma questo comporta che possano riemergere anche dei ricordi che non sono stati “digeriti” a suo tempo.

I vissuti infantili tornano attuali

Le donne che non sono state adeguatamente seguite nella crescita, per diversi motivi, si trovano da una parte con una capacità biologica adulta che permette loro di diventare madri, ma dall’altra con una mancanza e una debolezza emotive dovute alle mancanze della propria infanzia. Questo aspetto, che magari nella vita adulta indipendente è stato compensato in qualche modo, in gravidanza e nel post parto si traduce in paura, preoccupazione, bisogno di rassicurazioni, a volte difficoltà a partorire, e incapacità di gestire il neonato.

Cos’è quindi la depressione post partum?

Questi nuclei infantili andrebbero individuati, compresi, guidati e aiutati a raggiungere manifestazioni emotive più adeguate al compito creativo. Se non vengono presi in carico, possono diventare depressione post partum. Questo disturbo è quindi il ripresentarsi di difficoltà precedenti, che non sono state elaborate e affrontate adeguatamente.

In questa ottica diventa importantissimo e fondamentale capire le cause, individuare le situazioni di disagio più complesse per intervenire in tempo, ancora in gravidanza, con un supporto che aiuti le donne ad arrivare ad una maggiore conoscenza di sé e dei propri vissuti, ripercorrendo le proprie esperienze pregresse, anche infelici, e trovando il modo e la possibilità di costruire un’alternativa di vita: essere madre in un modo diverso e nuovo.

L’apertura della gravidanza favorisce la guarigione

In gravidanza possono riemergere non solo depressioni precedenti, ma anche tutta una serie di altri disturbi mentali pregressi. L’aspetto positivo è che la gravidanza, grazie alla sua grande apertura emozionale, è un periodo che può rendere la cura molto più facile e rapida. I conflitti sono più esposti e rielaborabili, se ci si trova in una relazione di aiuto.

L’ambiente intorno alla mamma

Un altro problema che si verifica durante la gravidanza, ma che dipende dall’ambiente che circonda la donna, è il negare e sottovalutare la grande complessità emotiva e affettiva di questo periodo. L’instabilità di questo momento di cambiamento porta alla luce le fragilità. Le donne più sensibili, con alle spalle difficoltà non superate, che hanno bisogni che non sono mai stati soddisfatti del tutto, mai elaborati, non sono in grado di far fronte alla propria creatura, anch’essa piena di bisogni.

La società di oggi, così individualista e incapace di offrire sostegno, non è di aiuto.

Quale soluzione?

La vera “soluzione” per la depressione in gravidanza e nel post partum è quindi comprendere questo, umanizzare il percorso nascita dando molto più peso ai vissuti emotivi e affettivi delle future madri e progettando modalità di sostegno e di aiuto per le donne. La future madri non devono essere considerate come un contenitore da controllare, valutare e misurare il più possibile per raggiungere l’obiettivo di dare alla vita un neonato “perfetto”, ma hanno bisogno di essere ascoltate e sostenute perché possano sentirsi capaci di adeguarsi ai bisogni del proprio bambino, e di occuparsi di lui.


Foto di StockSnap da Pixabay
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