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ESOGESTAZIONE: CHE COS’È

Significato dell’esogestazione umana

La gestazione umana è un processo molto lungo e complicato. Alcuni studiosi ipotizzano che i piccoli della nostra specie nascano estremamente immaturi, circa a metà della loro reale gestazione, che distinguono in 9 mesi di “endogestazione” (gestazione in utero) e 9 mesi di “esogestazione” (gestazione fuori dall’utero).

L’entità dell’evoluzione del neonato nei primi 9 mesi, infatti, non è paragonabile a quella dei piccoli di nessuna altra specie. Ciò fa supporre che quella che vediamo nei nostri neonati non sia semplicemente una “crescita”, bensì propriamente la continuazione della loro gestazione.

Questa prosegue al di fuori del corpo materno per sopraggiunti limiti fisici di quest’ultimo, più che per l’effettiva maturità del cucciolo ad affrontare l’ambiente esterno.

Sviluppo del sistema nervoso centrale

Questo stato evolutivo è messo in relazione, da parte degli antropologi, al peculiare sviluppo del sistema nervoso centrale e al conseguente ingrossamento della capacità cranica.

La selezione naturale avrebbe via via favorito la nascita di piccoli “prematuri”, con una dimensione della testa e uno sviluppo cerebrale incompleto. L’alternativa sarebbe stata avere piccoli più maturi ma che avrebbero potuto essere partoriti solo con gravi difficoltà, a causa dell’abnorme grandezza cranica rispetto a quella del canale del parto.

I nostri antenati

Una volta la capacità del canale del parto della donna era maggiore perché camminavamo a 4 zampe. Quando ci siamo messi in posizione eretta, il bacino si è ristretto per forza di cose.

Da ciò deriverebbe il fatto che una parte significativa della crescita che poteva avvenire dentro l’utero, si trova invece ad avvenire dopo la nascita.

Il bambino nelle prime settimane rimane in gran parte incapace di sopravvivere sia sotto il profilo dell’adattamento motorio, sia dal punto di vista dell’adattamento cognitivo e sociale.

I nostri cugini primati

La prole dei primati a noi più simili nasce dipendente dalle proprie madri, ma in possesso di una serie di capacità utili come, ad esempio, riuscire ad agganciarsi fisicamente al genitore con le proprie forze. I cuccioli di queste specie hanno quindi bisogno di minori cure genitoriali.

Nel neonato umano, di questa capacità “prensile” resta solo un riflesso (il riflesso di prensione), che però non mette in alcun modo il neonato in grado di assicurarsi alla madre in modo da essere trasportato.

Una volta conclusa la gestazione in utero, i neonati umani si trovano in uno stato di relativa impotenza, e la ridotta gamma degli istinti li costringe ad una dipendenza totale nei confronti dei genitori e dell’ambiente circostante.

Relazione madre-bambino

Nei 9 mesi successivi alla nascita si concludono alcune funzioni cerebrali. Ci vogliono cure, vicinanza, amore per permettere al bambino di svilupparsi nel modo ottimale.

Ciò evidenzia inoltre l’importanza e l’unicità del rapporto madre-figlio: i primi mesi di vita rappresentano, come già gravidanza e parto, un momento di sviluppo della personalità materna, sviluppo che va posto in continuità con le fasi precedenti.

Sono quindi esattamente 18 i mesi di “gestazione totale” necessari perché il bambino sia davvero un essere a sé rispetto alla madre.


Foto di Mila Novikova da Pixabay
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