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IL PARTO COME TRASFORMAZIONE

Il parto è un processo di trasformazione. La donna deve essere protagonista attiva del proprio parto, deve poter scegliere e mantenere la sua autonomia durante tutto il processo, a partire dalla gravidanza.

È il bambino ad innescare il processo del parto. È lui a decidere quando è pronto per nascere.

Fattori che influenzano il parto

Sono essenzialmente tre:

la forza: è la causa del parto, è data dalle contrazioni uterine e dai muscoli addominali. Le contrazioni sono involontarie, sono come un’onda che parte dal fondo dell’utero, e che lo attraversa arrivando fino all’altro estremo. Sono intermittenti, dolorose. Al fondo, l’utero si contrae e la cervice si apre.

il canale: il bambino entra nel bacino in modo diagonale e poi compie una rotazione e si mette in posizione antero-posteriore.

il bambino: se il bambino è in posizione posteriore, il parto può essere più lungo e difficoltoso, e le contrazioni vengono sentite posteriormente, nella schiena.

Significato psicologico del parto

Il parto è il passaggio dalla simbiosi passiva della gravidanza alla simbiosi attiva del puerperio, ricercata fortemente dal neonato, perché il legame con la madre è l’unico riferimento conosciuto, ed è rassicurante perché il bambino possa entrare nel mondo della vita.

Quando il bambino segnala di voler uscire perché la simbiosi passiva non basta più, l’ossitocina materna risponde a quella del bambino, e inizia quella danza fatta di contrazioni e rilassamento.

La Natura ha previsto un passaggio e un distacco lento e graduale, non ci devono essere sbalzi improvvisi. C’è un andare avanti e indietro, un “ti lascio” e un “non ti lascio” ripetuti che intanto fanno guadagnare spazio verso l’uscita. Il bambino procede di qualche cm ma poi si ferma, a volte torna indietro… l’allontanamento e la preparazione al distacco (per poi ritrovarsi subito dopo, da fuori) avvengono con grande lentezza e piccoli passi.

La sofferenza materna non è data solo dal dolore dei muscoli contratti, ma dalla fine dell’onnipotenza, del possesso reciproco totale, e dalla separazione. È quindi un dolore non soltanto fisico ma anche psichico.

Il processo del parto

Durante il travaglio di parto, si attraversano delle fasi che ricordano molto le fasi della gravidanza, e hanno delle analogie con esse.

1° FASE LATENTE (periodo prodromico)

Richiama il 1° trimestre di gravidanza. La donna capisce che qualcosa si sta innescando, è un periodo di adattamento. C’è l’impatto con la realtà del dolore, della nascita imminente. Le contrazioni sono irregolari come durata, intensità e frequenza, sono fastidiose ma non dolorose.

Il bambino inizia il travaglio con i suoi ormoni, e il corpo della madre risponde iniziando una danza. C’è conflittualità tra conservazione e apertura, e il collo dell’utero inizia un lento e faticoso appianamento. C’è ambivalenza nella madre, che vorrebbe tenere ancora dentro il bambino, conservando quella simbiosi fisica e quella sensazione di potenza e onnipotenza, ma che vorrebbe anche lasciarlo andare, conoscerlo, stringerlo tra le braccia.

Le parole chiave sono disorientamento, cambiamento, adattamento e sperimentazione. Emergono paure, eccitazione, ed inizia l’apertura. In questa fase ci deve essere passività, la donna deve lasciarsi andare. Il collo dell’utero si appiana, e mette le basi per la successiva dilatazione.

2° FASE DILATANTE

Richiama il 2° trimestre di gravidanza. Inizia la dilatazione, la fase attiva del travaglio e della dilatazione della cervice. C’è un ritmo ipnotico nelle doglie, contrazione-pausa, contrazione-pausa… Il tempo e lo spazio si dilatano, l’utero inizia ad aprirsi.

Il dolore marca il necessario distacco che si avrà con la nascita, ci si prepara alla separazione. C’è apertura di tutto il corpo, una progressiva immersione nel mondo emozionale, si ha una fusione istintiva con il bambino, ci si apre a lui. È molto importante la capacità di abbandono e di apertura della donna, il “lasciar andare”.

3° FASE ESPULSIVA

Richiama il 3° trimestre di gravidanza. Si torna più in superficie rispetto all’immersione della fase dilatante, si è più presenti e vigili. La donna sente le spinte, è a dilatazione completa. L’ossitocina aumenta e si presentano i premiti, ha inizio la fase espulsiva.

Ci può essere un iniziale disorientamento, poi si ha un atteggiamento più attivo. La mamma non deve più semplicemente stare ad aspettare e lasciare che succeda qualcosa, ora può partecipare attivamente alla nascita.

I ritmi accelerano, c’è una crescente tensione e si percepisce il bambino che scende nel canale vaginale, lo si sente poi in basso, in vagina, che spinge per uscire. Il movimento del parto, a stantuffo, è quello della crescita. Questo movimento aiuta il corpo a non lacerarsi, a livello fisico, e aiuta psicologicamente alla separazione perché ci vuole tempo per abituarsi all’idea.

Si possono avere sensazioni diverse in questa fase: alcune mamme si sentono meglio e non sentono più il dolore delle contrazioni, altre sono più spaventate del cambiamento. Si può avere la sensazione di non farcela, di essere allo stremo delle forze, a volte si ha la sensazione di stare per morire, di esplodere, di essere davanti ad un compito impossibile. C’è il desiderio di distacco, si spinge il bambino verso il mondo, si ha la separazione. Il bambino nasce.

4° SECONDAMENTO

C’è retrazione e raccorciamento delle fibre muscolari, contrazioni uterine. La placenta si stacca dalla parete uterina, cade e arriva in vagina, poi viene espulsa. Il parto ora è concluso.

Quando il parto si conclude, inizia la vita familiare con un nuovo piccolo. La simbiosi della gravidanza continua esternamente al pancione, con il bimbo tra le braccia della mamma, almeno per 9 mesi, tempo necessario per compiere l’esogestazione.


Foto di Bill Kasman da Pixabay
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