LE PRIME PAURE DEI BAMBINI

Quali sono le principali paure dei piccoli, dai primi mesi ai primi anni di vita?

Paura di perdere il contatto fisico

Il neonato, e poi il bambino, ha necessità di contatto fisico quasi costante, a differenza di ciò che spesso si sente dire. Più sperimenterà la vicinanza e la presenza affettiva della mamma, più sarà un bambino sereno e autonomo, quando sarà pronto per esserlo. Più intimo sarà il contatto con la mamma, maggiore sarà la capacità di autonomia del bambino.

Cosa possiamo fare? È importante che i piccoli sperimentino ritmi corporei, si sentano cullati dalle braccia materne, tenuti in braccio, perché questo sedimenta in loro una sicurezza primitiva. Essendo nutriti di sicurezza, quando saranno pronti saranno più preparati degli altri bambini ad esplorare il mondo esterno.

Paura degli imprevisti

Nel corso delle sue prime esplorazioni, il bambino si imbatte continuamente in oggetti e situazioni nuove, quindi è normale che provi timore davanti a fenomeni che lo colgono di sorpresa. Non sa ancora collocare questi eventi nelle sue caselle per classificare le cose “buone” e quelle “pericolose”.

Cosa possiamo fare? È importante, fin dai primi giorni, tenere vicino il bambino e spiegargli in modo calmo cosa è la situazione o l’oggetto che lo spaventa: “questo rumore che ti spaventa è soltanto un tuono, non avere paura, non succede nulla”. Le nostre parole agiscono come un abbraccio che avvolgono di sicurezza il mondo, danno significato alle esperienze che altrimenti al bambino sembrano solo aggressioni di stimoli incomprensibili.

Paura di essere abbandonato

Fino a 6-8 mesi il bambino sembra non accorgersi delle brevi assenze della madre, e sembra percepirla come una parte del proprio corpo. Ma quando inizia a rendersi conto che la mamma è un essere separato da lui, e che può scomparire, teme che la separazione sia per sempre. Non sa immaginare dove sia quando non la vede.

La prima paura fondamentale è l’ansia da separazione, cioè quel sentimento di angoscia che si impadronisce del bambino ogni volta che deve separarsi da ciò che ama. I bambini piccoli non sanno immaginare che gli oggetti che non vedono più continuino ad esistere. Ci possono essere problemi anche durante la notte, anche quando la situazione sembra migliorata durante il giorno e il bambino sembra essersi adattato alla routine.

L’ansia da separazione ha un picco qualche mese dopo il primo compleanno, e solo tra i 18 e i 24 mesi il bambino inizierà a sviluppare una “rappresentazione mentale” dell’oggetto. Se la mamma esce, rimane a consolarlo la sua immagine mentale, il suo ricordo. Ora il bambino sa che la mamma tornerà, e sa per certo che la mamma continua ad esistere anche quando lui non la vede. A volte ci vogliono mesi, a volte anni, per superare questa paura di essere abbandonato, ma è un passo obbligato per poter diventare autonomo.

Evitare del tutto queste esperienze non aiuta il piccolo, ma non si devono neanche usare le separazioni come minacce. È necessario accettare la tristezza, le lacrime del bambino, perché in questo modo il piccolo si sente sostenuto e riconosciuto. Abituarsi a stare con gli altri senza drammi lo aiuterà a non essere diffidente e timido. Svilupperà la capacità di ambientarsi in situazioni nuove.

Cosa possiamo fare? Non stiamo sempre con lui, perché in questo modo gli neghiamo la possibilità di imparare che i genitori, quando vanno via, poi tornano e non scompaiono per sempre. È come se gli dicessimo che senza di noi non ce la può fare. Non andiamocene senza prima salutarlo, perché il bambino si sente abbandonato, tradito, e per chi rimane con lui sarà difficile riuscire a consolarlo. Il piccolo pensa che i genitori possano scomparire da un momento all’altro se non viene salutato prima della separazione, quindi si esaspererà la sua ricerca di continua vicinanza.

È bene rassicurare il bambino ogni volta che lo si deve lasciare, informarlo, consolarlo se piange. Anche se è molto piccolo e sembra che non possa comprendere le parole, impariamo a spiegargli tutto comunque. Possiamo creare un piccolo rituale per accompagnare la separazione e il momento del distacco: un rituale particolare per salutarsi, un oggetto della mamma da tenere con sé, una canzoncina. Anche se per pochi minuti, dedichiamo completa attenzione al piccolo prima di salutarlo. Avvisiamolo che dobbiamo andare, in tono neutro, senza fretta. Se dovremo salutarci velocemente, diciamoglielo, descriviamo tutto quello che farà, questo lo rassicurerà.

Accettiamo il suo pianto, non rispondiamo con rabbia o impazienza, facciamogli sentire che il suo dolore è accolto e compreso, lui ha bisogno di sentire che capiamo e accettiamo il suo stato d’animo. “So che ti dispiace che io vada, anche a me dispiace molto, ma fra poco tornerò da te”. Traduciamo il suo pianto in parola, diamo un nome al suo disagio, aiutiamolo a liberarsene. Non prolunghiamo gli addii, che servono solo a passare il messaggio che non siamo sicuri di ciò che stiamo facendo, e non torniamo sui nostri passi, perché in questo modo passiamo il messaggio che non ci fidiamo delle persone a cui lo affidiamo, e soprattutto non ci fidiamo delle sue capacità di essere autonomo.

Possiamo festeggiare il ricongiungimento con qualche rituale, per il bambino è un momento carico di emozione come il distacco. È per questo motivo che a volte i bambini piangono anche quando rivedono la mamma. Possiamo facilitare la giornata nostra e del bambino se la scandiamo con dei riti e dei ritmi ben precisi, sempre uguali. La ripetizione della stessa routine dà sicurezza, elimina l’ansia, fa prefigurare quello che sta per accadere. È bello costruire i riti insieme al bambino, non farli proporre solo dall’adulto. I bambini imparano più con i gesti e le emozioni, che con le parole. E i riti sono carichi di significati affettivi.

Paura degli estranei

La paura implica consapevolezza, cioè il rendersi conto dei rischi. Vista da questa ottica, la paura che i bambini tra i 6 e gli 8 mesi mostrano verso gli estranei è un salto evolutivo: il bambino è ora in grado di distinguere le persone familiari da quelle estranee, così come i luoghi e le situazioni. Tra le tante reazioni che può avere, il denominatore comune è il rifiuto: il piccolo cerca contatto con la mamma e cerca di evitare l’estraneo.

Spesso il bambino fissa gli occhi della mamma per capire se può accettare l’amicizia di un estraneo, se può fidarsi. Lo sguardo materno è il filtro attraverso cui il bambino conosce il mondo.

Cosa possiamo fare? Cerchiamo di non allarmarci per queste reazioni di rifiuto, ma accettiamole come una normale fase di sviluppo. Favoriamo i contatti sociali del bambino, portiamolo ai giardini, facciamolo stare in compagnia di altre persone tutte le volte che possiamo. Questo lo aiuterà a stabilire rapporti equilibrati e sereni. Se dobbiamo affidare nostro figlio alle cure di un’altra persona, dobbiamo prevedere un periodo di inserimento della persona che starà con lui, conoscenza reciproca e tempo passato insieme tutti e tre. Per far sì che si tranquillizzi, la cosa migliore che possiamo fare è non insistere che saluti o stabilisca un contatto con l’estraneo, cosa controproducente, ma invece abbracciarlo e dargli tutto il tempo di cui ha bisogno per valutare la persona che ha davanti. Solitamente, entro i 3 anni queste paure si affievoliscono molto.

Paura di farsi male

Il bambino acquisisce coscienza di sé e del suo corpo, quindi arrivano anche le paure relative al proprio sé corporeo. Paura di cadere, di farsi male, di cadere nel wc, delle ferite. Cosa possiamo fare? Possiamo incoraggiare il piccolo ad esplorare in un ambiente protetto, rassicurandolo e non forzandolo prima che sia pronto a fare certi passi.


Foto di Richard Reid da Pixabay
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