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CAPRICCI, TERRIBILI 2 ANNI E CHI PIÙ NE HA PIÙ NE METTA…

Sui capricci dei bambini c’è un’infinità di articoli in rete, e si trova di tutto, a partire dal consiglio sull’ignorarli, fino ai consigli Montessoriani su come prevenirli. Il problema dei “capricci” (per qualcuno esistono, per altri no) è un qualcosa che attraversa i secoli e copre vaste latitudini. È qualcosa che tutte le mamme temono, che tutte conoscono, anche se, come appunto dicevo prima, ognuno ha la sua teoria.

Istinto e variabilità

Io sono diventata mamma a 29 anni, e ancora non sapevo molto di psicologia perinatale, quindi quando le mie bambine erano piccole mi sono fatta guidare essenzialmente dall’istinto materno e dal buonsenso. Sicuramente ogni bambino è diverso, esistono quelli più “nervosi”, quelli più “esigenti”, quelli più paciocconi e tranquilli. Ma le mie bambine penso siano bambine “normali”, come ce ne sono tanti, nella media, né troppo così né troppo cosà.

Ora che sono grandicelle, 13 e 10 anni, posso affermare di aver superato gli anni della prima infanzia essenzialmente in modo indolore. Oh, si, ci sono stati episodi e momenti molto difficili, i “terribili due anni” li abbiamo passati anche noi, ma proprio per questo posso affermare che sono bambine “nella media”.

Soddisfare la curiosità

Sono state sempre molto curiose, anche se in modo diverso, e intelligenti, nel senso che non si sono mai accontentate di spiegazioni poco chiare, su nessun argomento.

Quindi, fin da quando la primogenita era molto piccola, con la sua fase del “perché” che da noi era la fase del “come mai”, mi sono sempre cimentata in spiegazioni su questo e quello, che fossero di loro comprensione, e che potessero placare la loro sete di sapere.

Chiamiamolo in un altro modo

I capricci? A casa nostra non ce ne sono stati, perché a me non è mai piaciuto chiamare in quel modo le manifestazioni di agitazione, opposizione, protesta e stanchezza che spesso si sono verificate, per entrambe le mie figlie. E infatti, sentendo quel termine, quando erano già grandi, mi avevano chiesto cosa significasse. So cosa si intende con la parola “capricci”, ma non mi piace questa parola che, già da sola, etichetta come “irragionevole” il comportamento dei bambini. Usare un altro nome per questi momenti, secondo me, aiuta anche a cambiare prospettiva e a porsi in modo diverso davanti al bambino.

Che cosa sono i “capricci”?

Il capriccio, anche per gli adulti, è una voglia che nasce da chissà dove, che non ha senso, che diventa impellente ma che non ha ragione di esistere. E non è così che io interpretavo il comportamento delle mie figlie. Per ogni azione c’è un motivo, che noi lo comprendiamo o no, ed etichettare come “capriccio” qualcosa che i piccoli non sanno spiegare, e magari neanche comprendere, non mi pare giusto. Voglio dare qualcosa di più ai bambini, non etichette di “esseri umani irragionevoli” solo perché io non capisco cosa succede, e loro non lo sanno mettere in parole.

Come affrontarli?

Tutta questa premessa, parlando della mia famiglia, per trattare di questo argomento così “centrale” nella vita di ogni mamma, nei primi anni di vita.

Come scritto più sopra, in rete si trovano numerosi articoli e consigli su come gestire questi momenti difficili coi bambini, anche a seconda dell’età.

Io non voglio ripetere i molti consigli, alcuni utili, altri meno, che potrete leggere facilmente in almeno 20 siti diversi… ma mi è venuta voglia di scrivere qualcosa su questo argomento visto che non l’ho mai fatto prima d’ora. Forse, essendomi allontanata dall’età critica (dai “terrible two”, i terribili due anni, in avanti, fino ai 6-7), mi sento più sicura delle mie teorie, forse riesco a spiegare meglio come mi ha guidato il mio istinto, e forse vedo anche i risultati delle mie scelte educative, ma insomma eccomi qua.

Una ricetta contro i capricci

Credo che siano fondamentalmente 5 le cose che tengono lontani, o facilmente gestibili, i cosiddetti “capricci” dei bambini. Eccole:

  • Presenza: l’adulto deve esserci per il bambino, perché lui ha bisogno di vicinanza e di sostegno, visto che non sa come funziona il mondo, cosa è pericoloso, come ci si deve comportare. Non si possono lasciare soli i bambini e pretendere che sappiano cosa fare o non fare. Se il bambino ci sente presenti, è più difficile che scatti la protesta.
  • Ascolto: se io sono presente fisicamente ma sono altrove con la testa, il bambino se ne accorge, eccome! Non si può pretendere di essere al 100% presenti 24 ore su 24, ma nella maggior parte del tempo si deve dare al bambino la sicurezza che lo stiamo ascoltando e siamo lì con e per lui.
  • Condivisione: vivere insieme delle esperienze importanti, o anche quelle quotidiane, ma che danno al bambino la possibilità di farsi un’idea del mondo e di come funziona, è molto importante. L’interpretazione degli avvenimenti passa attraverso le esperienze fatte, il senso che viene dato loro, e le sensazioni che si provano insieme.
  • Considerazione e rispetto: io adulto considero te, bambino, come un essere umano prima che un bambino, e come rispetto gli altri esseri umani, devo rispettare anche te e le tue peculiarità, il tuo carattere, e considerarti per come sei. Questo può voler dire, ad esempio, essere sempre sincero, spiegare le motivazioni di qualche gesto da dover fare o da evitare, in modo che possa essere compreso, a seconda dell’età del bambino. E non dare neanche troppe spiegazioni, perché se avranno bisogno di altro, saranno loro a chiedere.
  • Regole: le regole ci vogliono, devono essere poche e certe, e da lì non si sgarra. Meglio davvero che siano poche, quelle vitali, e per il resto si deve cercare di adattare il mondo al nostro bambino, finché non sarà in grado di gestirlo così come viene. Ad esempio, non ha senso far vivere un bimbo in una casa con molti oggetti che si possono rompere, e poi vietare di toccare questo o quello. Eliminiamo ciò che può essere pericoloso e lasciamo il bambino libero di fare tutto quello che vuole, ma all’interno di un recinto di regole, poche e precise, che si dovranno sempre rispettare.

Un’esplosione di emozioni

Ma avete ragione, ancora non ho spiegato quale è il significato di questi “capricci” nei bambini: sono essenzialmente delle manifestazioni di rabbia, che scoppiano anche per motivi banali. A volte io mi immagino i bambini in preda a questi momenti come dei piccoli bollitori che iniziano a fischiare e a emettere emozioni forti da tutte le parti… come in un cartone animato. Un “bambino contenitore” che non riesce e tenere dentro le sue emozioni così esplosive e le fa uscire con queste manifestazioni esagerate e teatrali.

Questo accade perché i piccoli sperimentano tutte le emozioni degli esseri umani adulti, ma non sanno riconoscerle e gestirle. Noi genitori siamo presenti anche per fungere da filtri, spiegare cosa sta succedendo, dare nome ai sentimenti e alle emozioni, e consolare e aiutare a farle passare.

Cosa fare in quei momenti

Spiegare cosa sta accadendo, cosa stanno provando, è un passo fondamentale nella risoluzione di questa fase, e lo si deve fare con calma. Certo, dirlo è un conto e farlo, in mezzo a pianti e urla, non è proprio la stessa cosa, ma è essenziale e di grande aiuto. Manteniamo la calma, nominiamo l’emozione, spieghiamo cosa l’ha scatenata, spieghiamo che succede anche ai grandi, e poi, a seconda di cosa si tratta, si può proporre un’alternativa oppure attendere che l’emozione passi e si affievolisca, grazie alla nostra calma e alla disponibilità di un abbraccio. Se il bambino non vuole contatto fisico, diamo disponibilità per dopo, quando si sarà calmato.

Per questo motivo è anche importante spiegare i motivi delle regole che ci sono, in modo che possano comprenderle, ma quando i bimbi sono ancora piccoli spesso non riescono a capire tutto. Ci vuole molta pazienza in quei casi, ma si deve rimanere fermi sulle (poche) regole fissate.

Da solo!

Se il “capriccio” scatta quando il piccolo vuole fare qualcosa da solo, se possibile accontentiamolo, perché questo lo farà crescere sicuro di sé e indipendente. Se non è possibile in quel momento o non possiamo permetterlo, spieghiamo come mai e cerchiamo di proporre qualcos’altro che possa accontentare almeno in parte il bambino. Ad esempio, a due anni non posso permettere a mio figlio di attraversare la strada da solo senza darmi la mano, ma potrà lasciarmi la mano appena saremo approdati sul marciapiede, oppure potremo attraversare facendo una corsetta ma sempre tenendoci per mano. Molti bimbi sono comprensivi e capiscono il nostro cercare di andar loro incontro, e spesso accettano questi compromessi molto di buon grado.

Il dilemma delle scelte

Spesso aiuta anche il dare una scelta (tra non più di 2 opzioni, quando sono molto piccoli) tra due cose, per dar loro l’impressione di essere autonomi. Non concordo invece sul dare troppa scelta, perché i bambini spesso si trovano in difficoltà e la situazione può peggiorare invece che migliorare. E credo che sia deleterio per loro trovarsi ad avere delle responsabilità che non sono loro a dover avere. Faccio un esempio: a cena si può proporre la scelta tra 2 verdure diverse, ma non si può chiedere a un bambino di 2-3 anni cosa vuole mangiare, perché non è in grado di decidere cosa può essere un pasto adeguato, e magari potrebbe proporre patatine fritte e gelato e alla fine iniziare una fervida protesta quando vi vedete costretti a non accontentarlo.

Occhio alla fame e al sonno!

Un altro aspetto importante di cui tenere conto, e che spesso viene dimenticato, è che molte scenate nascono per motivi superflui, ma in momenti che si potevano prevedere… il sonno e la fame provocano spesso scene di pianto e ira quando le cose non vanno come vorrebbe il bambino. Se vediamo che ad una certa ora il nostro bimbo diventa nervoso, proponiamo un pisolino o una merenda leggera o un’attività riposante e rilassante per evitare che si verifichino scenate, e per permettergli di ricaricarsi.

E poi… tanta pazienza!

E poi, per finire, due parole per le mamme che tutti i giorni cercano di crescere i propri piccoli facendo lo slalom tra questi momenti difficili, per arrivare alla meta. Questo periodo non è facile, ma pensare che tutti i bimbi lo attraversano, forse in parte vi aiuterà. E i vostri bimbi si comportano così adesso, ma verrà un giorno in cui le scenate saranno un lontano ricordo, e vi troverete a guardare indietro e a dire: “Ce l’ho fatta davvero a superarlo, anche se in quei momenti mi sembrava che non sarebbe mai finita”. Anche quei giorni, quei momenti che sembrano infiniti e insuperabili, servono a costruire la relazione di fiducia tra voi e i vostri bimbi, sarà una parte del vostro passato e la base della fiducia reciproca tra voi e i vostri figli.

Essere un genitore è uno dei mestieri più difficili, lo diceva anche Freud!


Foto di Gonzalo Iñigo Serrat da Pixabay
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